In questa settimana il contesto europeo ha visto due sviluppi significativi per il comparto agricolo/agroalimentare e che impattano in modo non trascurabile anche il settore ortofrutticolo: da un lato, l’intesa fra Stati membri a favore della fusione di fondi regionali e agricoli nel prossimo bilancio europeo, operazione che può modificare accesso e dotazione dei programmi del settore. Dall’altro, l’avanzamento della disciplina del “carbon farming” in un Paese membro (Irlanda) con possibili ripercussioni a livello UE, che apre nuove opportunità di reddito per gli agricoltori e richiede preparazione tecnica per essere colte. Entrambi i temi non erano stati trattati in profondità nel precedente aggiornamento e meritano attenzione dagli operatori della filiera ortofrutticola.


1. Fusione fondi agricoli e regionali: possibili conseguenze per l’ortofrutta

Una delle venti-questa settimana è la proposta secondo cui gli Stati membri sono vicini ad accordo per unire i fondi agricoli e i fondi regionali nel prossimo bilancio europeo da circa 2 mila miliardi di euro. Tale operazione ha lo scopo dichiarato di migliorare la coerenza politica e l’efficienza della spesa nell’UE, integrando le risorse per agricoltura, sviluppo rurale e coesione territoriale.

Quali effetti per la filiera ortofrutticola

  • Programmi operativi delle Organizzazioni di Produttori (OP): se la fusione dei fondi si concretizza, la dotazione delle OP potrà essere influenzata — in meglio o in peggio — dalla ridistribuzione delle priorità. Occorre monitorare come verranno classificate le risorse “ortofrutta” tra agricoltura diretta e sviluppo rurale.

  • Approccio integrato territorio-filiera: l’ortofrutta spesso opera in zone con infrastrutture rurali fragili (logistica, freddo, reti) e la fusione fondi potrebbe dare maggiore accesso a misure che combinano agricoltura + infrastrutture. Ciò richiede preparazione di progetti integrati (campo + post-raccolta + territorio).

  • Tempistiche e procedure: la ristrutturazione del quadro dei fondi implica modifiche anche nei criteri di ammissione e nei controlli; le imprese ortofrutticole devono tenere conto che potrebbero cambiare le soglie, i partner eleggibili, i massimali.

  • Dipendenza dal governo nazionale/regione: con fondi fusi, la capacità del governo regionale di canalizzare risorse verso l’ortofrutta diventa ancora più rilevante: le OP dovrebbero esser pronte a fare lobbying locale affinché la filiera ortofrutticola non rimanga marginale.

Rischi e opportunità

  • Rischio: se la fusione comporta una riduzione della quota specifica “agricoltura” o un più forte orientamento infrastrutturale, alcune misure agronomiche o ortofrutticole potrebbero ricevere meno fondi.

  • Opportunità: essere fra i primi a preparare progetti integrati agricoltura + logistica/freddo/territorio può garantire priorità nell’accesso a quelli che saranno probabilmente i bandi “multifondo”.


2. Carbon farming: l’Irlanda traccia la strada, effetto per tutta l’UE

La seconda novità di peso riguarda la disciplina “carbon farming”. In Irlanda è stata pubblicata una bozza di framework nazionale che definisce principi operativi per la remunerazione degli agricoltori che rimuovono CO₂ dal suolo o riducono emissioni attraverso pratiche agricole innovative. Il modello irlandese è pensato come pilota europeo e potrà fornire template per gli altri Stati membri.

Per l’ortofrutta e la filiera

  • Nuova fonte di reddito: le aziende ortofrutticole che adottano tecniche come coperture vegetali, riduzione lavorazioni, impianti agro-forestali o gestione intelligente delle risorse idriche potrebbero accedere a un mercato premiante del carbonio agricolo.

  • Competitività e certificazioni: acquisire credenziali “carbon‐negative” o “carbon‐credit” diventa elemento distintivo per esportazione o per forniture premium verso GDO sensibili al sostenibile.

  • Preparazione tecnica: per partecipare agli schemi carbon farming occorre misurare, documentare, monitorare tasselli come stoccaggio suolo, biomassa residua, emissioni. Le OP ortofrutticole dovrebbero iniziare a predisporre registri aziendali e collaborazioni con enti di misura.

  • Impatto sulla programmazione agronomica: pratiche come minime lavorazioni, maggior uso di coperture permanenti o sistemi agro-forestali implicano cambiamenti su impianti frutticoli e orticoli, scelta varietale, gestione suolo. Serve visione a medio termine.

Tempistiche e scenari

  • La bozza irlandese rappresenta un primo modello operativo: gli altri Stati UE potrebbero adottare versioni proprie entro 2026–2027.

  • Le imprese ortofrutticole dovrebbero attivarsi quest’anno per posizionarsi come “pronte” al regime, fra selezione varietale, sistemi di monitoraggio, e formazione.

  • I mercati del carbonio agricolo sono ancora in fase embrionale: il vantaggio competitivo si costruisce ora.


3. Ulteriori orientamenti e contesti da monitorare

Altri elementi emergenti che, pur non centralissimi, completano il quadro della settimana:

  • Il tema del Nord Irlanda/agri-food e della chiarezza su norme/regole post-Brexit (anche se non UE interno puro) è riemerso ed ha implicazioni logistiche e di accesso al mercato per produttori che esportano verso GB o forniscono attraverso corridoi.

  • Le associazioni della società civile hanno rilanciato critiche sul fatto che la semplificazione delle regole agricole non debba “abbassare” gli standard ambientali, richiamando che filiere come l’ortofrutta sono già esposte e richiedono chiarezza su standard futuri.


Implicazioni operative – cosa fare nelle prossime settimane

Per gli operatori della filiera ortofrutticola, queste le azioni prioritarie:

  1. Analisi e mappatura fondi: verificare nei propri piani operativi e nei prossimi bandi regionali se e come la fusione fondi può alterare criteri e dotazioni; aggiornare la pipeline progettuale includendo componenti logistica/infrastruttura se non già presenti.

  2. Preparazione “carbon readiness”: avviare audit internamente su pratiche agronomiche e suolo per capire quanto l’azienda è già allineata al carbon farming; coinvolgere consulenti o enti di certificazione per definire un piano 12-24 mesi.

  3. Contratti e forniture premium: comunicare ai clienti (GDO, buyer internazionali) l’adesione a pratiche sostenibili e al carbon farming, costruendo un “value add” commerciale che può fare la differenza su varietà premium o produzioni certificate.

  4. Formazione e agronomia: inserire nei budget aziendali o di OP spese per formazione su nuove pratiche di sequestro carbonio, agro-forestazione, irrigazione efficiente; aggiornare disciplinari per favorire accesso a eventuali futuri incentivi carbon.

  5. Advocacy e governance filiera: partecipare alle consultazioni nazionali sui nuovi fondi pianificati e sul carbon farming, far valere la voce dell’ortofrutta (che spesso ha esigenze differenti da cereali o allevamento) e costruire alleanze con OP, associazioni e istituzioni locali.

Questa settimana segna un passaggio significativo per il comparto agroalimentare europeo – e per l’ortofrutta in particolare – non tanto per grandi nuove normative ma per orientamenti strategici che determineranno la struttura del sostegno, delle opportunità e della competitività nei prossimi anni: la fusione dei fondi rende cruciale la progettazione integrata agricoltura-territorio; il carbon farming apre un nuovo capitolo di reddito e innovazione agronomica; i contesti logistici e di accesso al mercato (come Nord-Irlanda) richiedono attenzione anche a chi non pensava di operare oltre la frontiera UE. Per gli imprenditori, cooperative e trasformatori del fresco, il momento è propizio per prepararsi attivamente, più che reagire: le dotazioni normative e di mercato cambieranno e chi sarà pronto avrà vantaggio. Se vuoi, posso elaborare una scheda operativa con i bandi nazionali e regionali imminenti in Italia relativi a carbon farming e fondi agricoltura che integrano infrastrutture.

Il team di PAN